L’impatto sociale del lavoro in carcere

L’impatto sociale del lavoro in carcere

3 Marzo 2022

Il lavoro, un diritto e un beneficio, soprattutto quando entra nelle carceri. È questo, in estrema sintesi, quanto è emerso dallo studio multicentrico “Valutare l’impatto sociale del lavoro in carcere“, promosso da Fondazione E. Zancan, Compagnia di San Paolo, Fondazione con Il Sud e Fondazione Cariparo, con il patrocinio del Ministero della Giustizia.

Con il coinvolgimento di 300 detenuti di tre istituti penitenziari (Padova, Siracusa, Torino) e che lavorano per l’Amministrazione Penitenziaria, lavorano alle dipendenze di cooperative o che non lavorano, lo studio ha approfondito i benefici del lavoro dei detenuti, in termini di vantaggi per loro stessi e per la comunità. Sono stati considerati i benefici “diretti e misurabili nel breve periodo” per i diversi interessati. Benefici che spiegano la riduzione dei rischi di violenza nelle carceri e di recidiva, amplificando l’offerta di “lavoro autentico e abilitante”.

I dati emersi dallo studio attestano, per quanto riguarda le condizioni psicofisiche, una significativa diminuzione della depressione tra chi lavora (tra il 20 e il 25 %) rispetto a chi è inattivo (55%), una minore incidenza dell’obesità (7% tra i dipendenti delle cooperative rispetto al 14,4% tra i disoccupati), una diminuzione dei farmaci consumati e delle visite mediche. Diverso l’atteggiamento anche nei confronti della pena: solo il 30,8% dei detenuti che non lavora considera giusta la propria condanna, percentuale che sale al 39,8 tra i lavoranti per l’amministrazione penitenziaria e al 41,2% tra gli assunti dalle cooperative. Dati ritenuti utili a spiegare la riduzione dei rischi di violenza nelle carceri e di recidiva. Inoltre, dalla ricerca emerge un quadro complessivamente più favorevole per i detenuti dipendenti dalle cooperative, soprattutto per quanto concerne “la sfera dell’autostima, dell’orientamento valoriale e dei legami vitali” (negli istituti penitenziari italiani lavorano 15.827 detenuti alle dipendenze dell’amministrazione e 2.130 sono dipendenti di cooperative esterne, per un totale di 17.957).

Il rapporto mette a disposizione indicazioni “operative” e allo stesso tempo “politiche”: i risultati parlano di condizioni organizzative per meglio gestire la condizione di detenzione e le sue finalità. Le organizzazioni solidaristiche e imprenditoriali che partecipano a questa sfida “dentro” e “fuori” il sistema penitenziario con il loro impegno prefigurano i vantaggi di scelte necessarie e misurabili a favore delle persone detenute, di chi gestisce la detenzione, delle famiglie, delle imprese che offrono lavoro, delle comunità di riferimento.

Il rapporto è pubblicato nel numero monografico 5/2021 di Studi Zancan ed è scaricabile al seguente link >>


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